Testimonianze
La storia di Marco
Al primo incontro con Fabrizio Duranti, il corso della mia
esistenza aveva appena subito un duro colpo. Mi presentai
nello studio di Milano con una cartelletta piena di referti, risonanze
magnetiche e una diagnosi: sclerosi multipla.
Prima dell’incontro, ero abbastanza confuso ma non scoraggiato,
consapevole di due aspetti fondamentali del mio disturbo:
il primo, che non si tratta di una malattia mortale, il secondo,
che il decorso della malattia può essere assolutamente
imprevedibile, rendendo possibile l’ipotesi di ricadute distanziate
anche di decine d’anni. Ero in ogni caso completamente
all’oscuro della possibilità di migliorare il mio stato di salute.
Durante l’incontro con il dottor Duranti ho ricevuto non
solo un bel po’ di indicazioni su libri da leggere per capire meglio
il funzionamento dell’organismo, ma anche la consapevolezza
che c’era davvero tanto lavoro da fare per ottenere risultati
concreti e, a mio avviso, straordinari.
Per chi non conosca la sclerosi multipla, riassumo brevemente
gli elementi in gioco. Il sistema nervoso è ricoperto da
uno strato protettivo, una sorta di guaina bianca e gelatinosa.
Questo strato è composto da una sostanza che si chiama mielina.
Il compito della mielina è quello di accelerare la trasmissione
degli impulsi che scorrono lungo le fibre nervose e di
isolarle dall’esterno. Nelle persone affette da sclerosi multipla
(detta anche sclerosi a placche) lo strato mielinico viene danneggiato
a causa di una reazione abnorme del sistema immunitario
che aggredisce e distrugge la mielina, rendendo vulnerabile
il tessuto nervoso sottostante a queste placche danneggiate.
Il motivo per cui in alcuni individui il sistema immunitario
inizia ad agire contro la mielina, danneggiandola, è ancora
sconosciuto. Sono state avanzate diverse ipotesi, ma nessuna
considerata come certa.
Per quello che ho capito dopo l’incontro con Fabrizio Duranti,
i fattori in gioco sono diversi. E benché non sia davvero
chiaro alla scienza quale sia l’elemento scatenante questa reazione
abnorme e autolesiva, le indicazioni di Fabrizio mi
hanno aiutato a risolvere un gran numero di problemi.
Verso i trent’anni mi sono licenziato da un’azienda nella
quale ricoprivo la carica di manager dei sistemi informativi e
ho seguito come consulente la nascita di una internet start-up,
occupandomi di attività completamente diverse da quelle seguite
nei miei precedenti anni lavorativi: ho dovuto migliorare
le mie capacità di gestione del gruppo di lavoro, capire come
ottimizzare le mie performance lavorative e soprattutto vincere
la mia timidezza iniziando a vendere il prodotto che si stava
creando. Contemporaneamente nei weekend scrivevo articoli
specialistici per alcune testate di informatica. Inoltre di lì a
poco, a trentun anni, ho pianificato il mio matrimonio e ho
posto le basi per la nascita imminente di una mia società. Nell’arco
di due anni, quindi, ho completamente rivoluzionato la
mia vita.
Non conoscendo altre modalità per impiegare le mie energie
(non avevo mai fatto sport in vita mia), spendevo ogni mia
risorsa nel lavoro. Le poche forze che avanzavano le dedicavo
alla mia futura moglie. Ero convinto di poter fare tutto quello
che volevo. E l’impressione era che fosse proprio così. Stavo
anche seguendo una dieta dissociata e perdevo peso velocemente:
tredici chili in tre mesi. Mi sembrava davvero che la
mia volontà fosse in grado di portarmi ovunque.
Il mio fisico, però, ha detto basta.
A trentun anni ho iniziato ad avere un disturbo alla deambulazione.
Quando camminavo, specie se a passo spedito, provavo
un formicolio alle gambe che mi costringeva a fermarmi
per non rischiare di cadere.
Le battute di parenti e amici si sprecavano. Il disturbo, che
io chiamavo «gambe molli», venne presto associato all’imminente
matrimonio. Vista la persistenza del disturbo, ho fatto
una serie di analisi che hanno escluso problemi circolatori e
nervosi. Restava dunque solo la spiegazione psicologica, che
mi sono forzato di accettare.
Una domanda che Fabrizio Duranti mi ha posto durante il
primo incontro è molto utile per capire il mio stato di allora:
«Se tu fossi venuto da me sei mesi fa, io ti avrei detto: rallenta,
Marco, perché così crolli. Così ti ammali. Tu mi avresti
creduto?»
Non gli avrei creduto. Eppure durante il viaggio di nozze
mi è anche capitato di cadere per il problema del formicolio:
non mi sono più sentito sorreggere da una gamba e mi sono ritrovato
per terra. Ma una volta tornato avevo pronta per me
una nuova sfida: l’apertura di una web agency. Senza nessuna
preparazione imprenditoriale e con grandi sforzi per cogliere
anche piccoli risultati. La fiducia che riponevo nelle mie capacità
intellettuali e fisiche era però illimitata. Lavoravo sempre.
La nuova società era una creatura da accudire giorno e notte.
Io e la mia socia le dedicavamo tutto il tempo a nostra disposizione
e, se possibile, anche di più.
A questo punto ho avuto la mia prima caduta vera e propria.
Il formicolio, sparito dalle gambe, a distanza di qualche
mese ha ricominciato ad agire su due dita di una mano. Poi su
tutto il braccio, poi… a un anno dalla scomparsa del problema
«gambe molli» sono stato ricoverato in ospedale. E mentre il
formicolio mi prendeva tutto il lato destro del corpo, la diagnosi
veniva finalmente pronunciata: disturbo demielinizzante,
sclerosi multipla.
Due settimane d’ospedale e di cortisone hanno fatto recedere
il formicolio dal corpo. Una terapia cortisonica in convalescenza
ha tolto dal braccio, riportandolo al suo punto d’origine
(i polpastrelli di due dita, dove è rimasto fino a oggi).
Per i medici, nessuna spiegazione per l’insorgere del disturbo
e nessuna pratica da seguire per evitare una successiva
ricaduta. La sclerosi multipla si manifesta infatti per ricadute,
che si curano con il cortisone per eliminare l’infiammazione e
poi con farmaci specifici per limitare i danni delle placche.
Possibile che il superlavoro sia stato la causa del mio disturbo?
Nessuno l’ha mai ammesso. Eppure lo stress, l’ho imparato
in seguito, è uno dei cofattori più potenti nello scatenamento
delle peggiori patologie.
Ma che altro avevo fatto di male, io, per arrivare a questo
disturbo? Per i medici si trattava di una faccenda assolutamente
imprevedibile, secondo alcuni di origine genetica.
Eppure, tornando indietro e ricordandomi come vivevo,
non era soltanto il lavoro il mio problema.
Da quando io e mia moglie (non ancora sposati) siamo andati
a vivere insieme, per noi era festa tutte le sere. Le cene
erano costituite da deliziosi e abbondanti piatti di pasta accompagnati
da una bottiglia di buon vino, e se possibile da un
dolce a fine pasto. Dopo un anno di festa d’amore io ero ingrassato
di tredici chili. Per perdere peso abbiamo iniziato a
seguire una dieta dissociata che prevedeva un’alimentazione
priva di carboidrati, basata sull’assunzione di proteine e di
grassi a volontà. Questo significa che per tre mesi ho mangiato
interi salami, gorgonzola e altri formaggi, mortadella,
carne, chiudendo la cena con un dessert al mascarpone e cannella…
dimenticandomi di pane, pasta e frutta. Seguendo quel
tipo di alimentazione, mia moglie osservava anche un protocollo
di integrazione vitaminica per assimilare i nutrienti dei
quali si privava non mangiando carboidrati e frutta. Io invece,
troppo pigro, non presi nessun integratore.
Provato dal lavoro, dal periodo «all’ingrasso» e poi da questo
nuovo stress alimentare della dieta dissociata, il mio fisico
ha iniziato a fare le bizze.
Non dimentichiamo inoltre tutto quello che avevo osato
fare al mio fisico anche prima di questo periodo: il piacere un
po’ eccessivo per la tavola, i cocktail degli aperitivi o in discoteca,
il gusto del caffè doppio, la scarsa propensione a mangiare
frutta e verdura, l’assoluta mancanza di attività fisica…
tutto questo per almeno dieci anni di vita.
Uscito da due settimane di ospedale, ho chiesto ai medici
se fosse il caso di seguire qualche dieta particolare o se fosse
opportuno smettere di fare qualcosa, per esempio bere alcolici,
mangiare qualche cibo in particolare… Ma la risposta è
sempre stata quella di una pacata rassegnazione. Potevo mangiare
e bere quello che mi pareva, senza esagerare sia chiaro,
ma il problema era che, prima o poi, dopo un anno, dopo cinque
o dopo dieci potevo avere una nuova ricaduta. E a quel
punto ci si sarebbe occupati di nuovo di me, con una settimana
di flebo al cortisone e poi, probabilmente, una cura specifica
per arginare il problema.
Io però a questa proposta di vaga indeterminata attesa ho
risposto affrontando di petto la situazione. Invece di starmene
lì ad aspettare che succedesse qualcosa, ho chiesto aiuto a Fabrizio
Duranti. E torniamo a quel primo, fatidico incontro cui
accennavo all’inizio.
«Marco, tu puoi fare due cose. Da un lato puoi adottare le
indicazioni seguite dalla maggior parte dei pazienti con la tua
patologia e assumere un atteggiamento che io definisco attendista,
che suona un po’ come una roulette russa: ogni mattina
ti svegli sperando che non sia la mattina della ricaduta e se invece
fosse quella, beh, si provvederà con le cure del caso. Oppure
puoi cercare di uscire dalla statistica: cambiare vita e
prenderti cura di te in modo serio e determinato, nello stesso
modo con cui ti sei preso cura fino a oggi del tuo lavoro, per
avere alla peggio le stesse probabilità previste dalla statistica
ma con la consapevolezza di chi sa che sta facendo molto perché
questo non accada! Non hai molto da perdere, anzi niente.
Al limite solo da guadagnare.»
Queste parole mi fecero riflettere e mi trasmisero una forte
carica emotiva, quella necessaria a prendere una decisione.
Io che sono pragmatico ho chiesto a Fabrizio di darmi libri
da leggere per capire meglio di che cosa stesse parlando. Ricordo
che lessi molto. E capii abbastanza. Capii innanzitutto
quello che Fabrizio in pochi minuti aveva sintetizzato molto
bene: «Non si può solo chiedere, al proprio corpo. Bisogna
anche dargli il necessario perché possa in seguito soddisfare le
nostre richieste».
Leggendo ho imparato perché fumo, alcol, grassi saturi
fanno male alla salute di una persona che vive nelle mie condizioni
ambientali, lavorative e fisiche. Ho capito inoltre che
cosa è opportuno mangiare e fare per avere una vita sana e regolare.
In questo nuovo approccio, del cibo ho iniziato a vivere
non più soltanto il lato edonistico (il piacere della tavola) o
quello biologico (mangiare per sopravvivere) ma ne ho capito
le potenzialità come potentissimo strumento terapeutico, grazie
al quale ottenere risultati straordinari e verificabili. Ho
inoltre avuto la possibilità di approfondire la conoscenza degli
effetti delle vitamine e dei micronutrienti indispensabili per il
nostro metabolismo.
I pilastri di questo nuovo modo di vivere sono gli stessi che
si trovano nel libro che state leggendo: una corretta alimentazione
come potentissimo strumento di benessere o di guarigione,
attività fisica, pulizia dell’intestino, eliminazione degli agenti
inquinanti, integrazione con micronutrienti, meditazione.
Ho cambiato vita. Ho deciso che la mia salute era molto
più importante di un vassoio di bignè alla crema, di un piatto
di salsicce o di un bicchiere di vino. Per due anni non ho mangiato
carne, prendendo le proteine da tofu, seitan, legumi, formaggi
e pesce. All’inizio non sapevo che cosa mangiare, abituato
com’ero a risolvere le cene con insalata e bistecchina.
Per un anno e mezzo non ho bevuto alcol, niente vino e superalcolici
(che in ogni caso ho definitivamente bandito dalla
mia vita). Dopo un anno e mezzo ho ripreso a bere un po’ di
vino soltanto durante le feste, un delizioso premio per i miei
sforzi costanti. Ho completamente smesso di bere caffè e di
mangiare cioccolato, ho ridotto i dolci. Mangio moltissima
verdura (a ogni pasto cerco di mangiarne sia cruda sia cotta) e
molto spesso durante la giornata mangio solo frutta. Ho anche
iniziato a seguire periodicamente giornate di disintossicazione
mangiando solo frutta dalla mattina alla sera. All’inizio della
mia svolta ho anche fatto una serie di sedute di idrocolonterapia
per pulire completamente l’intestino. Ogni giorno, mattina
e sera, prendo gli integratori indicatimi da Fabrizio.
Sono passato da una vita assolutamente sregolata a una disciplina
ferrea per due-tre anni per approdare infine a una vita
piena di soddisfazioni, con il giusto equilibrio fra ortodossia
alimentare e piacere per la vita.
Molti pensano che io sia così motivato per via dei risultati
ottenuti nei confronti della mia malattia. Questo è certamente
un elemento di grande peso nella mia determinazione, ma gli
effetti della mia nuova vita sono così positivi su ogni aspetto
della mia esistenza che anche se domani mi si dovesse dire
che sono completamente guarito, sono certo che tornerei a seguire
le mie nuove abitudini, perché il vero gusto della vita
per me è diventato camminare come volando, respirare, vivere
le sensazioni in modo accentuato, avere una mente più sgombra
e una visione più nitida.
Nei primi sei mesi della nuova vita, semplicemente cambiando
alimentazione e seguendo parte delle indicazioni di Fabrizio
Duranti, ho annientato uno dei disturbi più fastidiosi
della mia malattia: il segno di Lhermitte, la sensazione di una
scossa elettrica che parte da metà schiena e arriva alle gambe
ogni volta che si abbassa la testa. In meno di sei mesi quel disturbo
l’ho cancellato dalla mia vita. Semplicemente cambiando
alimentazione e seguendo parte delle indicazioni di Fabrizio
Duranti.
Nonostante tutto, però, c’era sempre una discrepanza tra
quello che mi diceva Fabrizio, quello che leggevo nel suo libro
e quanto stava succedendo a me. È vero: stavo bene, avevo
sconfitto i sintomi più fastidiosi della mia malattia, non avevo
ricadute, mi sentivo in grado di affrontare il mio lavoro e la
mia vita con serenità, riuscivo anche a regolare meglio il
tempo da dedicare al lavoro rispetto al tempo da dedicare a me
stesso. Ma non scattava quella sensazione di potenza di cui mi
parlava Fabrizio.
Il problema era questo: non ero ancora stato in grado di inserire
nella mia vita lo sport e la meditazione.
All’età di trentacinque anni, a quattro anni dal primo sintomo
e a tre anni dalla diagnosi, ho finalmente iniziato a fare attività
fisica. A settembre ho iniziato a correre, e un universo di
sensazioni mi si è aperto dentro. Già dalla seconda settimana
mi sentivo carico di energia. Quasi come fossi una batteria ricaricabile:
la sera correvo, e durante tutto il giorno mi sentivo
una sorta di ronzio nel corpo, come un fluido energetico che
mi spingeva a fare tutto meglio, con maggiore chiarezza. Più
corro meglio mi sento.
In fondo, questa malattia mi ha dato una grande occasione
e in tre anni mi ha fatto scoprire un nuovo universo, dove tutto
è in equilibrio, dove riesco ad avere il controllo di quello che
faccio e di quello che desidero. Provate a parlare con Fabrizio
Duranti dell’importanza della malattia nella nostra vita. È un
segnale, un campanello d’allarme, una richiesta d’aiuto formulata
dal nostro corpo nel solo linguaggio che conosce. Chi
riesce a dare ascolto a quella richiesta d’aiuto può trovarsi
nella situazione di dare una svolta alla propria vita, verso mete
prima impensate.
Dopo aver intrapreso la strada della corsa, ho continuato a
praticarla anche in inverno, grazie a un comodissimo tapis
roulant che ha preso il posto di qualche inutile ammennicolo
nel mio salotto. Ma per raggiungere il massimo della forma fisica,
mi manca soltanto un passo: praticare con costanza la
meditazione. Eccomi dunque a studiare i libri di un mistico
contemporaneo, Osho, grazie ai quali ho capito che fare meditazione
significa respirare per 45 minuti stando attenti a
nient’altro che al proprio respiro.
Personalmente, ho appena iniziato a sperimentare quest’ultimo
tassello per il mio benessere. Non so dirvi ancora che
cosa mi porterà. Ma la fiducia che ho in Fabrizio mi fa supporre
che arriverò a chiudere questo circolo virtuoso e a raggiungere
uno stadio di benessere superiore. Senza nessuna limitazione
fisica o mentale.
Non male per uno che soffre di sclerosi multipla!
Prima di concludere, accenno brevemente a un tema per
me di importanza vitale. In tutto questo periodo il mio lavoro
non ha subito nessun danno, tanto che, dopo il primo periodo
in ospedale, il velocissimo recupero mi ha consentito di non
parlare in ufficio del mio disturbo. Ed è per questo che la mia
testimonianza resta anonima: nessuno tra le persone che mi
conosce e lavora con me sa o sospetta che io soffra di sclerosi
multipla.
Anche nel contenuto del mio lavoro questa nuova attitudine
si è fatta sentire: ho supportato associazioni di ricerca nel settore
della sclerosi multipla realizzando per loro siti, portali
informativi, sistemi editoriali per la gestione dei contenuti.
Non riesco a trattenere una considerazione finale: la salute
costa. Richiede soldi e tempo. Costano gli integratori, le visite
specialistiche, gli esami. Per chi ha problemi nell’acquisto
mensile di integratori, suggerisco il «trucco del regalo».
Per Natale, al compleanno, all’onomastico, per ogni occasione,
spargete la voce, non vergognatevi, chiedete che vi si
regalino gli integratori. Forse si può fare solo con i parenti e
gli amici più stretti, ma funziona. Tra l’altro, è vero che l’integrazione
ha un costo, ma se penso che c’è chi spende la stessa
cifra mensile in sigarette, vino e superalcolici, la mia considerazione
sul costo degli integratori cambia all’istante.
Per quanto riguarda il tempo, Fabrizio Duranti dice una
cosa fondamentale: se cerchi il tempo per correre, non lo troverai
mai. Bisogna completamente ribaltare il punto di partenza,
pensare che correre sia la cosa fondamentale. Prima di settembre
ero tra le persone più pigre che conosco, prendevo l’ascensore
anche per fare un solo piano, utilizzavo l’auto per
spostarmi di un isolato.
Io, che non ho corso mai in trentacinque anni di vita, adesso,
dopo soli tre mesi di allenamento, sono riuscito a partecipare
a una maratona milanese per principianti (5 chilometri).
Vi sembra un risultato microscopico? Ma io punto alla Stramilano
e, appena possibile, alla maratona di New York!
Fidatevi, con l’energia che ho adesso, e con quella che acquisirò
nei prossimi mesi grazie alla meditazione, sono certo
che ce la farò.
(Da “Il circolo virtuoso del benessere” ed. Sperling & Kupfer)
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